Luoghi collettivi nella città contemporanea
Pubblicato da Marco Del Fedele in Interesse culturale · Lunedì 16 Ago 2021 · 9:45
Tags: Marco, Del, Fedele, racconta, uno, dei, progetti
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Marco Del Fedele racconta Il progetto quarantennale della pedonalizzazione del centro storico di Lugano
Il progetto quarantennale della pedonalizzazione del centro storico di Lugano dello studio Buletti Fumagalli Del Fedele Bernardi architetti come chiave di lettura dell’evoluzione recente della società e della città rispetto alle cui esigenze gli architetti si pongono come interpreti, tenendo fede ai principi a suo tempo individuati e sapendoli adattare allo sviluppo progressivo degli interventi. Muovendo da tali premesse, l’incontro con l’architetto Marco Del Fedele ha rappresentato un’occasione preziosa per cogliere lo spirito che ha dato vita al progetto, per sviluppare alcune riflessioni sul suo articolarsi e sulle prospettive future.
Il tema è ampio e il progetto complesso. Come premessa è importante sottolineare che il progetto è nato da un lato dalla richiesta delle autorità politiche e dall’altro è stato concepito dagli studi degli architetti Paolo Fugamalli, Mauro Buletti e Gianfranco Rossi. Chi ha condotto tutta questa operazione nel tempo, con costanza e pazienza, sapendo adattare i principi di base all’evoluzione del progetto e rappresentando il trait d'union con la committenza è stato l’architetto Mauro Buletti.
Si tratta di uno dei progetti più ampi di riordino urbano del Ticino: la pedonalizzazione di cui parliamo è molto estesa, sono 30'000 m2 di superficie, vale a dire otto campi da calcio. È un’opera importante anche se non sempre percepita come tale.
La riqualificazione dello spazio urbano passa attraverso vari elementi: la pavimentazione è certamente quello più evidente, ma ve ne sono anche altri che concorrono a dare intensità all’insieme: le presenze pubbliche e private degli edifici esistenti e in modo particolare la vita delle persone che si impossessano degli spazi, li riempiono e li rianimano.
Il progetto partecipa così passivamente allo sviluppo della città offrendo ambiti di qualità, luoghi che non solo si percorrono velocemente ma vere e proprie zone di incontro e di sosta.
Il progetto si è sviluppato in un percorso quarantennale anche perché il disegno urbano ha bisogno di pazienza, condivisione ed è composto di tanti frammenti diversi. Da una parte si cerca unitarietà, ma essa è messa in discussione ogni volta: si parte dai principi, da un decalogo di cose che entrano nel linguaggio da adottare nel tempo, e si arriva alla specificità degli spazi, alle committenze. Anche se la città è una committenza, le autorità pubbliche variano e insieme all’ente pubblico cambiano la società, le esigenze, il contesto (esercenti, fruitori, turisti). Per questo, leggere un progetto di quarant'anni è affascinante e il risultato è soddisfacente perché quando si percorre la città si ha la sensazione che si tratti di uno spazio unitario nato in poco tempo, percepito come insieme in tutte le sue sfaccettature e non come progetto “a episodi”.
Il progetto comunque non è stato continuo ma ha avuto momenti di arresto. È nato nel 1978 sviluppandosi a seguito di una volontà politica volta non solo alla riqualificazione ma anche alla pedonalizzazione del centro storico, intuizione non scontata per l’epoca: rivedendo alcune fotografie dell’archivio del fotografo luganese Vincenzo Vicari (1911-2007), risalenti agli anni Settanta, si può infatti osservare come tutto in città fosse fondato sull’automobile, e come molti edifici nascessero in funzione di essa. Volendo il progetto riqualificare il centro storico come pedonalizzato, il primo passaggio è stato individuare i limiti dell’estensione dello stesso (dalla odierna Pensilina fino al lago, rispettivamente dal quartiere Maghetti fino a piazza Luini), per poi procedere secondo priorità. Il progetto, nato e concepito unitariamente, è stato poi sviluppato in tre grandi tappe.
Durante i primi cinque anni è stata realizzata la parte centrale, partendo da via Canova per poi procedere in piazza Dante e scendere in seguito verso via Nassa. Dopo questa prima grande tappa il progetto ha avuto quindici anni di sosta per ragioni legate all’ente pubblico. Il meccanismo si è rimesso in moto successivamente con interventi più piccoli, come il comparto della salita Chiattone, via Peri, via Ariosto, per passare in seguito alla piazza Luini e il comparto LAC.
Nel 2001 è arrivato il concorso internazionale del lungolago, vinto dagli stessi architetti, che rappresenta la logica conclusione del progetto di pedonalizzazione e dello sviluppo del rapporto tra la città storica e il lungolago.
Lugano non è una città a lago (fronte lago) ma sul lago. Storicamente il lago è stato luogo di lavoro per i pescatori delle origini e solo in seguito, con l’avvento della ferrovia, del turismo e con i cambiamenti dell’economia, è iniziato un rapporto di considerazione diretto e preciso dello stesso. I primi ad abbozzare l’idea di un boulevard, il Quai, furono proprio i proprietari privati dei palazzi lungo la riva. L’intuizione era quella di creare un grande viale alberato lineare che facesse percepire una certa continuità della riva, intervallato solo dall’innesto delle piazze. Spazi un tempo molto goduti per la passeggiata e la sosta lungo le rive.
Ad oggi il progetto del lungolago, dopo i necessari aggiustamenti del Piano Regolatore al progetto vincitore del concorso, si è fermato al progetto di massima (2013), ma il recente mandato di studio in parallelo esteso all’area da Paradiso fino a Cassarate rappresenta un’occasione per ripartire con decisione e una visione più ampia in risposta alle sempre più frequenti richieste di spazi pubblici, in particolare in rapporto con l’acqua. Decisivi saranno pure l’integrazione dei progetti per la mobilità lenta, la riduzione della velocità veicolare e delle misure complementari necessarie per la riduzione sostanziale del traffico veicolare.
Ad oggi, va sottolineato come piazza Luini risulti ancora incompiuta. Nel progettare e disegnare quest’ultima si è immaginato che la forza dell’edificio della cultura, che integra la Chiesa di Santa Maria degli Angioli con il suo affresco (il patrimonio più importante di Lugano), dovesse avere una sua proiezione sul lago, a sottolineare la scala e la puntualità di questa porta di entrata. Ecco quindi che la zona antistante non può ridursi a un passaggio inosservato, e anzi è necessaria per valorizzare la piazza interna. Quella che si vede oggi sul posto è una prima tappa del progetto; l’idea è di ridisegnare il fronte riportando le geometrie dell’esistente, della parte retrostante, per sottolineare questa presenza a lago. L’attraversamento dei mezzi sulla piazza diventerà secondario, ecco il perché della continuità della pavimentazione. Attraverso l’impostazione geometrica e la presenza del disegno a righe, sono state poste le basi per la prosecuzione del progetto.
Bisogna inoltre tener presente che questo tipo di progetto presenta delle sottostrutture che lo condizionano: il disegno urbano parte sì dall’idea di pedonalizzazione ma anche dall’esigenza di rifare le infrastrutture. La parte preponderante dal punto di vista economico sta sottoterra (ad esempio, condotte e infrastrutture tecniche), e alle volte è faticoso coniugare il mondo sotto la terra con quello sopra la terra. A condizionare il tutto ci sono poi le esigenze private, i diversi dislivelli e varie richieste in dettaglio con relative norme che diventano vincolanti (come nel caso delle fermate del bus, misure a favore di persone diversamente abili, ipovedenti).
Per quanto riguarda la parte del progetto al centro del lungolago, il gesto è stato quello di mettere in comunicazione le tre zone attorno al Municipio per valorizzarlo come elemento fulcro e far risaltare la sua posizione a perno. Le tre piazze, dai caratteri e dalle funzioni attualmente molto diverse, sono state concepite in modo unitario ma secondo specifici caratteri; piazza Rezzonico e piazza Manzoni hanno carattere ludico e piazza Riforma è la piazza dei caffè e della tranquillità. Da qui è nata l’idea di introdurre nella pavimentazione della parte a lago una matrice di una geometria a quadratini dal disegno minimo. Per quanto riguarda piazza Riforma, è stata mantenuta la pavimentazione esistente di un materiale unico, la porfirite. La piazza, molto ben definita e senza necessità di essere precisata, è stata presa come base di partenza e riferimento per la scelta dei materiali di tutto il progetto. Paolo Fumagalli sottolineava a tal proposito il bisogno di un disegno legato al luogo. Non è stato imposto tout court alla città per raggiungere continuità, ma si sono utilizzati una serie di elementi adattati sempre alle specifiche piazze e quartieri.
Ultimo tassello del progetto in ordine cronologico è il comparto di via della Posta e la ricucitura attraverso le strade trasversali tra il centro storico, piazza Dante e il quartiere Maghetti. La liason tra via Magatti e via della Posta rappresenta un cambio importante di gerarchie e priorità perché con il nuovo terminal del bus si sono rivisti i percorsi a favore dei pedoni e di uno sgravio dei mezzi veicolari.
Contrada di Verla era l’imbocco verso il quartiere Maghetti e presentava una difficile ricongiunzione con via della Posta e il piazzale ex-scuole: questo è stato spesso un non luogo per la città e pure ha sempre avuto un grande flusso pedonale nella direzione est ovest. Qui l’obiettivo di progetto è stato quello di trovare un flusso più continuo e diretto per il pedone e soprattutto creare un luogo di sosta e di entrata verso lo spazio del nodo intermodale che potesse dialogare con via della Posta e, sullo sfondo, il lago. La collocazione di una fontana ha contribuito a creare un luogo di sosta; la fontana permette un accostamento, non limitandosi a essere una fonte d’acqua rinfrescante e rigenerante ma anche una sorta di vera e propria panchina. Non si è voluto disegnare un monumento, ma è la pavimentazione stessa, modellata, che contiene l’acqua e al contempo stabilisce verso sud un rapporto diretto con il lago sullo sfondo. Lungo via della Posta il nuovo marciapiede – allargato e sottolineato da un filare alberato – definisce un asse di collegamento con piazza Manzoni.
Il carattere arricchente di questa esperienza risiede nell’incidere veramente sul luogo pubblico per eccellenza: realizzare un edificio pubblico è definire un nuovo riferimento urbano, edificare un edificio privato significa partecipare a un contesto, ma segnare direttamente lo scenario urbano rappresenta qualcosa di più ampio, che impone il confronto diretto con le esigenze e le sensibilità della società, che necessita il più ampio senso della responsabilità e interventi di qualità. Ecco allora che per gli architetti sorge la necessità di fare un passo indietro, di contenere gli entusiasmi e i personalismi tenendo sempre presente che il valore di questi interventi va al di là dell’oggi e si proietta nel tempo a venire, ribadendo il senso e la vocazione dell’architettura a favore dell’uomo e della città.
Il racconto di Marco Del Fedele è stato raccolto e riportato da Manuel Bellagamba per Archi 4 2021